Le Tecnologie sono Buone o Cattive? Dobbiamo solo essere TECNOREALISTI!
“Dobbiamo capire se ci dobbiamo piegare ciecamente alla tecnologia abdicando grandi pezzi della nostra vita alle ‘Aziende Tecnologiche Globali’ o dobbiamo reclamare la nostra autonomia, richiedendo un equilibrio sostenibile tra Tecnologia e Umanità? Ora è il momento di unire i punti tra i Bigdata e l’Etica digitale, per iniziare a discutere il quadro morale necessario per orientare l’evoluzione della vita digitale – e finalmente articolare la differenza tra le nostre umanità e le versioni robotizzate in rapida evoluzione. Nel 1949 George Orwell pubblicò “1984” offrendoci un forte (futuristico) avvertimento di un mondo dominato dalla tecnologia e da coloro che la posseggono e la controllano”
I technorealisti gettarono le fondamenta per iniziare un onesto dibattito nella dialettica tra Umanesimo & Tecnologia, già 20 anni fa. Ora è arrivato il momento di riprendere quel discorso
La Tecnoutopia è la convinzione che l’avanzare della tecnologia automaticamente porti alla prosperità globale, mentre il neo-Luddismo è la credenza che la prosperità globale possa essere raggiunta solo attraverso il contrasto alla tecnologia.
La tecnologia è sviluppata dall’Uomo e si è sviluppata in misura maggiore o minore in tutte le civiltà umane, tuttavia la natura di ogni civiltà si è caratterizzata e dipende da come l’Uomo abbia utilizzato ed impiega le tecnologie. Una civiltà a basso uso di tecnologia potrebbe essere addirittura migliore di un’altra ipertecnologica qualora le tecnologie fossero usate male.
Dunque, per far si che qualsiasi Civiltà possa prosperare, la sua Comunità deve necessariamente consultare ed includere il giudizio esperto e soprattutto neutrale di Uomini che siano in grado di guidare lo sviluppo e l’impiego delle tecnologie a vantaggio esclusivo di tutta la Comunità.
La società post-moderna secondo alcuni prende il nome di Società dell’Informazione, secondo altri Società dell’Empatia, sicuramente l’avvento del digitale segna l’Era dell’Accesso, in cui la tecnologia (e la Cultura) digitale assume chiaramente importanza fondamentale non solo per il suo ruolo di sostegno alle interazioni e alle attività sociali degli Uomini, ma anche perché il digitale sostiene e facilita a sua volta lo sviluppo e l’uso di altre nuove tecnologie, oramai in tutti i campi che caratterizzano la Civiltà globale.
Il Tecnorealismo è il concetto per il quale si ritiene che gli Uomini siano più importanti delle Tecnologie, e che suggerisce la necessità di capire come gli Uomini possano con loro interagire e coesistere per il loro corretto sviluppo ed utilizzo. Le ragioni filosofiche dei Tecnorealisti furono definite da ‘dodici scrittori ed esperti top level di new media e tecnologie’ il 19 Marzo 1998 durante un conferenza al Berkman Klein Center for Internet & Society della Harvard Law School, e furono pubblicate nel ‘Manifesto Technorealism’ . Queste furono composte sulla base di un piano politico in otto punti elaborato dai partecipanti Andrew Shapiro, David Shenk e Steven Johnson. Dopo oltre un ventennio di tumultuoso sviluppo delle nuove tecnologie digitali, molte delle aberrazioni che sono causate dall’uso incontrollato di queste tecnologie non sono più ‘nascoste agli occhi del profano’: il video qui sotto è solo una delle tante testimonianze.
Il professore Donald Norman (ingegnere e psicologo, già direttore dell’istituto per le Scienze Cognitive dell’Università della California e vicepresidente del gruppo di ricerca sulle tecnologie avanzate per la Apple Computer, fondatore della Nielsen Norman Group un’azienda di consulenza alle imprese per la realizzazione di servizi e prodotti centrati sull’uomo) ci offre un esauriente quadro sulla sua visione di Umanesimo Tecnologico: “Uomo e macchina sono entrambi imperfetti in modi diversi. Dovremmo quindi usare le macchine per quello che sanno fare meglio di noi, e lasciare agli esseri umani quel che sanno fare meglio delle macchine. In altre parole, potremmo usare una combinazione dei due mondi. Si tratta certo di un argomento complesso: tradizionalmente abbiamo usato le macchine per sostituire il lavoro pesante, ma ormai è sempre più frequente automatizzare anche il lavoro “intellettuale”. La strada giusta è la collaborazione tra noi e la tecnologia … E il futuro? Dipenderemo completamente dalla tecnologia: per stare al caldo, per produrre il cibo… E il nostro rapporto con la tecnologia continuerà a cambiare, soprattutto ora che stiamo creando – per la prima volta nella storia – una tecnologia intelligente. E questo porrà inevitabilmente tutta un’altra serie di problemi”
La Cultura Digitale ha ormai pervaso la Società e i suoi appartenenti (moltissimi dei quali sono ancora analfabeti digitali) non sono solo spettatori, ma (volenti) sono soggetti attivi nell’uso delle tecnologie, nolenti invece sono oggetti passivi dell’uso delle tecnologie da parte di Altri.
Il futurista Gerd Leonhard ci dice nella prefazione di un suo libro: “dobbiamo capire se ci dobbiamo piegare ciecamente alla tecnologia abdicando grandi pezzi della nostra vita alle ‘Aziende Tecnologiche Globali’ o dobbiamo reclamare la nostra autonomia, richiedendo un equilibrio sostenibile tra Tecnologia e Umanità? Ora è il momento (ad esempio) di unire i punti tra i Bigdata e l’Etica digitale, per iniziare a discutere il quadro morale necessario per orientare l’evoluzione della vita digitale – e finalmente articolare la differenza tra le nostre umanità e le versioni robotizzate in rapida evoluzione. Nel 1949 George Orwell pubblicò “1984” offrendoci un forte (futuristico) avvertimento di un mondo dominato dalla tecnologia e da coloro che la posseggono e la controllano”.
I portatori delle Conoscenze nel campo delle tecnologie (digitali), possono svolgere un ruolo importante nel guidare lo sviluppo futuro della nostra Civiltà, ma la loro visione di come il digitale dovrebbe effettivamente aiutare l’Uomo deve essere realistica, ed evitare le aberrazioni che già stanno influenzando la sua vita a livello globale.
I technorealisti gettarono le fondamenta per iniziare un onesto dibattito nella dialettica tra Umanesimo & Tecnologia, già 20 anni fa.
Ora è arrivato il momento di riprendere quel discorso.
Gli 8 Principi del Manifesto dei Tecnorealisti (1998) 1. Le tecnologie non sono neutrali. Un grande errore del nostro tempo consiste nel credere che le tecnologie siano del tutto prive di distorsioni - vale a dire che siccome sono degli strumenti inanimati, esse non promuovono alcuni tipi di comportamento anziché altri. In verità, in modo più o meno volontario, le tecnologie sono cariche di significati sociali, politici e economici. Ogni strumento fornisce ai suoi utenti un particolare modo di guardare il mondo e modi specifici di interagire con gli altri. E' importante per ciascuno di noi considerare le distorsioni generate da diverse tecnologie e scegliere quelle che riflettono i nostri valori e le nostre aspirazioni. 2. Internet è rivoluzionario, ma non utopico La Rete è uno strumento di comunicazione straordinario che fornisce un insieme di nuove opportunità per la gente, le comunità, il mondo degli affari, e i governi. Inoltre, man mano che il mondo virtuale si popola, assomiglia sempre di più alla società nel suo insieme, in tutta la sua complessità. Ogni miglioramento e elemento di informazione introdotto dalla vita cablata porta con se anche una dimensione maliziosa, perversa, o piuttosto ordinaria. 3. Il governo ha un'importante funzione da svolgere sulla frontiera elettronica Contrariamente a quanto alcuni sostengono, il mondo virtuale non è un luogo o una giurisdizione formalmente separata dalla terra. Se da un lato i governi dovrebbero rispettare le regole e le abitudini che si sono generate nel ciberspazio, e non dovrebbero soffocare questo nuovo mondo con regolamentazioni inefficienti o con la censura, sarebbe folle sostenere che il pubblico non ha sovranità alcuna su ciò che un cittadino o un'organizzazione fraudolenta fa' quando è in linea. In qualità di rappresentante della gente e di guardiano dei valori democratici, lo stato ha il diritto e la responsabilità di aiutare ad integrare il ciberspazio e la società convenzionale. Gli standard tecnologici e i temi della privacy, per esempio, sono troppo importanti per essere affidati alle sole forze del mercato. Imprese di software in concorrenza hanno scarso interesse a preservare i livelli di apertura necessari ad un funzionamento pienamente interattivo della rete. I mercati incoraggiano l'innovazione, ma essi non assicurano necessariamente l'interesse collettivo. 4. L'informazione non è conoscenza Intorno a noi, l'informazione si muove sempre più rapidamente e diventa di sempre più facile accesso, e i benefici sono evidenti. Ciò detto, la proliferazione di dati è anche una sfida difficile, che richiede nuove forme di disciplina da parte delle persone nonché un atteggiamento critico. Non dobbiamo confondere l'eccitazione di acquisire o distribuire informazioni nel modo più rapido con il compito assai più arduo di tradurre tali informazioni in conoscenza e saggezza. Non importa quanto evoluti i nostri computer siano, noi non dobbiamo mai usarli come un sostituto delle nostre fondamentali abilità cognitive di consapevolezza, percezione, ragionamento, e giudizio. 5. Cablare le scuole non servirà a salvarle I problemi delle scuole pubbliche americane - fonti di finanziamento eterogenee, promozione sociale, classi troppo numerose, strutture fatiscenti, non raggiungimento dei livelli qualitativi - non hanno nulla a che vedere con la tecnologia. Quest'ultima, per quanto avanzata, non condurrà alla rivoluzione in campo educativo preconizzata dal Presidente Clinton e da altri. L'arte dell'insegnamento non può essere riprodotta dai computer, dalla Rete, o "dall'apprendimento a distanza." Questi strumenti, possono senz'altro arricchire un'esperienza educativa di alta qualità, ma affidarsi a questo strumento come una specie di panacea potrebbe rivelarsi un errore fatale. 6. L'informazione vuole essere protetta Il mondo virtuale ed altri recenti sviluppi stanno sfidando le nostre leggi sui diritti d'autore e quelle volte alla salvaguardia della proprietà intellettuale. La risposta, tuttavia non sta nel distruggere gli statuti e principi preesistenti. Bisogna al contrario aggiornare le leggi attuali e la loro interpretazione in modo tale da garantire all'informazione lo stesso livello di protezione che essa aveva nel contesto dei vecchi mezzi di comunicazione di massa. L'obiettivo è lo stesso, ossia offrire agli autori un controllo sufficiente del loro lavoro per scaturire in loro un incentivo alla creazione pur mantenendo il diritto del pubblico ad una informazione corretta. In nessun contesto l'informazione vuole "essere libera". Piuttosto, essa ha bisogno di essere protetta. 7. Il pubblico possiede l'etere; il pubblico dovrebbe trarre beneficio dal suo uso. Il recente spettro digitale lasciato alla mercé degli "annunciatori" evidenzia l'uso corrotto e inefficiente delle risorse pubbliche nell'arena tecnologica. I cittadini dovrebbero beneficiare e profittare dell'uso dell'etere pubblico, dedicandone una parte a fini educativi e culturali. Dovremmo richiedere più spazi pubblici per fini privati. 8. La comprensione della tecnologia dovrebbe essere una componente essenziale della cittadinanza globale. In un mondo guidato dal flusso dell'informazione, le interfacce "ed il codice sottostante " che rende visibile l'informazione stanno diventando delle forze sociali di enorme potere. Capirne la loro forza e i loro limiti ed anche partecipare alla creazione di strumenti migliori, dovrebbe essere un elemento fondamentale di una cittadinanza attiva. Questi strumenti influenzano le nostre vite non meno delle leggi, e noi dovremmo assoggettarle ad un controllo non meno democratico.
(Il manifesto Tehcnorealism è stato promosso in Italia nel 1998 dal Centro Studi Umanesimo & Tecnologia nell'ambito del programma Umanesimo & Tecnologia, un programma sotto l'egida dell'Università Orientale di Napoli, Cattedra di Sociologia della Letteratura)
References
Gerd Leonhard, "TECHNOLOGY vs. HUMANITY", Future Scapes, 2016
Neil Postman, "The Humanism of Media Ecology", Proceedings of the Media Ecology Association, Volume 1, 2000
Sophia Roosth & Susan Silbey,"Science and Technology Studies: From Controversies to Post-Humanist Social Theory", Blackwell Companion to Social Theory, Bryan S. Turner (ed.),2008
"Humanist Manifesto I" (1933)
"Humanist Manifesto II" (1973)
"Humanism and Technology", United Nations Educational Scientific and Cultural Organization, Parigi, 24 maggio 1960,
Robert Hunt,"Truth be Told", The Royal College of Art, 2015
Jovan Kurbalija, "INTERNET GOVERNANCE AND INTERNATIONAL LAW"
Neville Holmes, "Revising the Principles of Technorealism"
Dessy Trisilowaty, "Green Generation: Neo-Futurist and Technorealism", Australian Journal of Basic and Applied Sciences, 2015
https://www.wired.com/1998/03/digital-dream-team-calls-for-technorealism/
http://www.unipd.it/ilbo/l%E2%80%99umanesimo-tecnologico-donald-norman
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