ARTE, una esperienza neurocognitiva
“Ogni opera d’arte induce un’esperienza mentale nell’osservatore, nel partecipante o nello sperimentatore”
ARTE, una esperienza neurocognitiva
a cura di Vittorio Dublino
Nel 2010 a Bruxelles alla Royal Flemish Academy of Belgium for Science and the Arts , si è tenuta una importante conferenza sul tema “Arte e Percezione”. Nel corso della conferenza è emerso che la chiave di successo per lo studio della percezione dell’arte e dell’estetica sta nell’approccio interdisciplinare e nel confronto aperto per la discussione dei diversi punti di vista che intercorrono tra artisti e scienziati, tra gli studiosi di diverse discipline ( i.e. psicologia e storia dell’arte), nella definizione degli approcci alla ricerca (teorico, fenomenologico, empirico) ed in quale campo scientifico in particolare (psico-fisico, neuroscienze, ecc.).
Lo scienziato Son Preminger, afferma in suo articolo, “la convinzione generale che si sta facendo strada è che l’Arte è un medium che induce esperienze. Le esperienze artistiche sono un veicolo per trasmettere significati, un modo per offrire motivo di benessere o mezzi di auto-espressione e di comunicazione.”
“Ogni opera d’arte induce un’esperienza mentale nell’osservatore, nel partecipante o nello sperimentatore.”
È’ stato dimostrato che contemplare un’opera d’arte innesca processi percettivi: le arti plastiche innescano processi visivi di basso livello come l’orientamento e il rilevamento dei bordi, così come i processi di livello superiore, come ad esempio il riconoscimento di oggetti e la sua separazione dallo sfondo. Un’esperienza artistica coinvolgerebbe processi cognitivi aggiuntivi come le funzioni esecutive, la memoria, l’emozione, e altri processi cognitivi di alto livello. L’impegno di funzioni esecutive come la memoria di lavoro e l’attenzione, sono le basi di molte esperienze artistiche.
Processi intrinseci come la memoria autobiografica, le emozioni e la Teorie sulla Mente possono essere guidati da elementi percettivi e dotare di significati e fornire l’essenza concettuale do un’opera d’arte.
“Quali combinazioni specifiche di funzioni cognitive siano impegnate dall’osservazione di un’opera d’arte dipendono dalla forma d’arte, dalla particolarità dell’Opera e dall’Esperienza dell’Osservatore. Ad esempio, le forme d’arte classiche come le arti plastiche, la musica e i film, guidano verso la sola esperienza mentale di tipo artistico; mentre le arti interattive, come ad esempio le installazioni interattive o i videogiochi coinvolgono anche le funzioni motorie (cinestesiche) e di controllo comportamentale come parte dell’esperienza indotta. A livello neurobiologico, le esperienze mentali si manifestano con l’attivazione delle corrispondenti reti neurali le cortecce visive e uditive, le reti dell’attenzione e della memoria, le regioni del cervello emotivo, le regioni frontali del cervello, in combinazione tra loro.”
“È emerso come gli utenti possano percepire l’arte e l’estetica da un punto di vista psicologico e neuropsicologico e come questa visione possa cambiare lo stesso concetto di arte. Scopo di questa interazione eterogenea è quello di sviluppare abilità critiche, nuove e trasversali, e autogestione didattica, includendo livelli comunicativi virtuali modulati dalla semplice attività cerebrale e dall’attivazione attenzionale del soggetto, potenziando inoltre i livelli di motivazione dell’utente.”
Questo costrutto si fonda sulle teorie della Embodied Cognition, legata a recenti ricerche nel campo delle scienze cognitive, dei sistemi dinamici, dell’intelligenza artificiale, della robotica e della neurobiologia. Per la embodied cognition l’apprendimento multipercettivo permette di valutare come il sistema motorio e percettivo influenzi la cognizione e potenzi capacità e connettività cerebrali: il corpo modula i processi di apprendimento e aumenta le capacità attenzionali e motivazionali. In un classico contesto di didattica museale il corpo è parzialmente inattivo perché l’utente deve ‘vedere’ senza avere la possibilità di visionare fisicamente lo stimolo.
“I livelli che vengono attivati in un visitatore museale, in situazioni di elevata ‘competence’ dell’oggetto percepito, sono livelli simbolici e affettivi. In situazioni di elevata competenza artistica, si può presentare, davanti alla visione dello stimolo reale, oggetto di osservazione, uno scompenso affettivo ed emozionale, dovuto alla semplice interazione visiva con l’oggetto. Si tratta, in questo caso, di far parte di un ‘insieme gestaltiano’ di relazione con una sorta di oggetto transizionale immaginato di cui, in una situazione museale o legata ai beni culturali, si può avere un’esperienza diretta. Questa sindrome è chiamata Sindrome di Stendhal o sindrome da “hyperkulturemia”. Sintomi simili possono essere elicitati da esperienze culturali estreme, specialmente se vissuti a lungo e rappresentati da esperienze significative per il soggetto, anche a livello religioso, ad esempio nella Jerusalem syndrome che si presenta in siti storici o religiosi”.
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